15 giu 2014

SAMARQUAND

Corri cavallo, corri ti prego/ fino a Samarcanda io ti guiderò/ non ti fermare, vola, ti prego/ corri come il vento, che mi salverò...(R.Vecchioni)

Provate a chiedere a qualcuno a caso, per strada, se ha mai sentito parlare di Samarcanda e vedrete i suoi occhi illuminarsi e l'espressione farsi sognante. Nella comune immaginazione infatti il nome di questa città, anche per chi non l'ha mai vista, evoca mondi lontani e misteriosi, profumi di spezie e carovane di cammelli sulla via della seta. La fantasia rincorre visioni oniriche di un lontano e favoloso oriente che di sicuro nulla hanno a che fare con la realtà. 

A volte si attribuisce al nome di Samarcanda il significato simbolico di un luogo quasi immateriale dove trovare rifugio dalle avversità e di un ultimo posto ideale dove restare in attesa de "la nera signora". Vi è' dunque un significato metafisico slegato dalla realtà, astratto ed enigmatico.


Il fascino misterioso che ci lega a questo posto non è un fatto inspiegabile, non è l'oscura formulazione di un concetto da indovinare ma è dovuto alla consapevolezza che Samarcanda rappresenta la meta ultima di una fuga disperata non più attraverso il niente dei deserti dell'asia centrale ma attraverso il deserto che a volte si crea dentro di noi. Così se è vero che la fine di tutto ci aspetta a Samarcanda, per non rinunciare alla vita, gli corriamo incontro sorridenti. E' l'istinto.

E lì il ritmare dei tamburelli, una grande festa, nelle strade si balla e si beve vino, i musicanti suonano senza interruzione e le ragazze abbracciano i loro uomini. All'alba però i falò si spengono e proprio allora sembra di vedere tra la folla una donna vestita di nero, una nera signora che ti guarda con occhi cattivi. E parla. "Io non ti guardavo con malignità, era solamente uno sguardo stupito. T'aspettavo qui, per oggi, a Samarcanda . Eri lontanissimo due giorni fa, ho temuto che non facessi in tempo ad arrivare qua....."

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