15 lug 2014

SOCIOCOCKTAIL

Oggi voglio dire qualcosa su quell'insieme dei modi che di solito caratterizzano i rapporti con gli altri: la creanza. Tale vocabolo che sa indubbiamente d'antico fa invece riferimento ad abitudini di vita oltremodo attuali quali la civiltà, la cortesia, il garbo, la costumatezza, l'educazione, l'urbanità.

Superiorità. Queste doti, siano esse innate od acquisite tramite formazione familiare, spesso contribuiscono a creare attorno a colui che le sfoggia una specie di aura di superiorità, una specie di fredda distanza dagli altri. E a lungo andare il proporsi agli altri con buona creanza risulta controproducente. Così tutti i comportamenti che adottiamo all'insegna della cortesia e dell'educazione, i  discorsi che facciamo, le tesi che vogliamo dimostrare, i tentativi che conduciamo per raggiungere deteminati obbiettivi, molto spesso risultano appesantiti e di limitata efficacia.

Malacreanza. Se questi aspetti non restano solo una indefinita impressione personale ma vengono percepiti razionalmente nella loro interezza allora non c'è niente di meglio che modificare il modo di accordarci con tutti gli altri. Aggiungiamo dunque quel tanto che basta di maleducazione, di scortesia, di villania e avremo finalmente dato vita al prototipo del moderno cittadino, allo standard comportamentale comunemente adottato dai più. Però così facendo ci ritroviamo ad agire verso gli altri in un quadro di presunzione e di arroganza potenzialmente nocivo per la buona immagine di noi stessi e che infine tende a relegarci in un diverso contesto.

Socio cocktail. E allora? Allora non ce ne siamo accorti ma nel nostro socio cocktail manca un ingrediente fondamentale, un ingrediente destinato a prevalere su tutti gli altri: la confidenza. E la confidenza significa familiarità, cameratismo, vuol dire trattare i propri interlocutori, senza distinzione alcuna, quasi fossero fossero ignari "compari" di vita. 
E' un concetto di egualitarismo sociale. Un equalitarismo nei rapporti interpersonali che comunque abolisce qualsiasi forma di differenziazioni comportamentali conseguenti al riconoscimento del rango sociale dell'interlocutore.

Scuola e ufficio. E' indubbio come tra professore e allievo esista una indiscussa diversità di ruoli, eppure nelle nostre scuole, sempre più spesso vediamo come tutti indossino i medesimi jeans, rifuggano l'uso della cattedra e si diano cameratescamente del tu. Anche negli ambienti di lavoro i responsabili raggiungono frequentemente con i loro dipendenti un tale livello di confidenza da pregiudicare il rispetto dovuto alla loro stessa funzione e il buon funzionamento dell'organizzazione lavorativa.
Insomma chi ha creanza, se la passa bene, chi non ne ha, se la passa meglio.
D'altro canto non possiamo non considerare come la troppa confidenza sia la madre della malacreanza e che, oltre a creare rapporti troppo ingombranti e "appiccicosi", risulti alla fin fine l'espressione ultima della maleducazione.

Familiarità e confidenza. Una malcelata familiarità, che poi vuol dire una palese maleducazione la ritroviamo ovunque, negli uffici pubblici, nelle strutture private, al mercato, nei negozi, nelle scuole e così via, quasi fosse diventata la caratteristica peculiare degli abitanti del cosiddetto "bel paese". E molto c'entra in questo nuovo stile di vita la standardizzazione culturale dovuta ai media imperanti, l'omologazione consumistica del libero mercato, la finanziarizzazione dell'economia, insomma la "globalizzazione" nei suoi multiformi aspetti.

Colpa della globalizzazione. A questo punto mi sorge un dubbio, un sospetto più che plausibile. Che non sia proprio l'adorazione dell'immenso molok della globalizzazione e la più supina e stupida acquiesenza ai suoi dettati la vera causa di una così grande, collettiva, nazionale, gigantesca, totalizzante malacreanza? A ognuno di noi la sua personalissima conclusione.

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